sabato 28 novembre 2009

TAKE BACK THE NIGHT

Dopo anni di politiche sempre più restrittive per la libertà di tutti ma soprattutto di tutte, abbiamo pensato di dover ribadire cosa vuol dire sicurezza per noi. Nell´immaginario comune, la notte è sempre stata associata all'insicurezza, alla violenza, alla paura e col tempo noi stesse abbiamo imparato a introiettare l´idea del pericolo del mondo esterno.  

Con i "loro" mezzi di comunicazione assordanti vogliono inculcarci l´idea del terrore della vita che troviamo fuori dalla casa (italiana), sinonimo di protezione e sicurezza. Non ci rinchiuderanno nella prigione delle mura domestiche per far godere l´uomo padr(on)e e marito,  attraverso il controllo sul corpo e sulla libertà delle donne. Non presteremo i nostri corpi per giustificare le politiche sicuritarie e razziste di questo paese ormai alla frutta.

Siamo pronte a uscire nelle strade a ridosso del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, per ribadire che la sicurezza non è data da piu’ telecamere né dall’emarginazione,  detenzione ed espulsione degli immigrati e delle immigrate, ma dalla nostra libertà e autodeterminazione dentro e fuori casa.  

Vogliamo vivere le nostre strade anche di notte e vogliamo che sia questo a farci sentire sicure. Vogliamo non sentirci mai da sole. Vogliamo dire questo da donne alle donne, alle lesbiche, alle trans, ai gay perché non è sicurezza una città militarizzata, non è sicurezza una città fatta di ronde e lame, perché la nostra arma è la solidarietà.  

Questa crisi tanto temuta e così poco ammessa viene sfruttata per restringere le libertà acquisite in anni di lotte: i respingimenti in mare dei migranti, come quelli delle donne nelle case, la negazione del diritto al dissenso, la distruzione della scuola pubblica, la svalutazione delle donne su tutti i fronti, specie in campo lavorativo. Infatti precarietà o pratica delle dimissioni in bianco restano problemi per lo piu’ femminili, impedendo alle donne, che vogliano sfuggire a situazioni di violenza in famiglia, di farlo. Nessuno si chiede perché i famosi assenteisti di Brunetta fossero in maggioranza donne, dato che su di loro ricade tutto il peso di un welfare sempre meno efficiente.  

Tutto questo accade mentre la Chiesa continua a proporre un modello familiare in cui la donna conservi il ruolo di incubatrice e balia, mentre la società diventa sempre più fascista, ribadendo, tra gli altri, il vecchio schema della donna o santa o puttana. Così la violenza è palese solo quando a compierla è il tossico, l'immigrato o il rom e si arriva a giustificare l´ubriachezza dei "bravi ragazzi", che agiscono per soddisfare bisogni dovuti, mentre lo stesso comportamento rende la donna un´incosciente che "se l´è cercata".  

Ma in tutti questi casi non si indaga la violenza alle radici, la giustificazione è sempre la devianza, mentre noi sappiamo bene che la violenza è diffusa e propagandata dai media e dalla cultura. Si sistematizza una violenza più subdola, in un paese in cui escort e prostitute sono messe alla berlina, umiliando e denigrando la donna attraverso comportamenti di certi personaggi politici che vengono imposti come modello vincente.  

*E tra l´affanno dei giornali e dei politici preoccupati, anche noi vogliamo dire la nostra.*  

*Invitiamo donne, puttane, comunità glbtq, migranti e rom, gruppi e collettivi femministi e tutti coloro che vogliono riprendersi la notte a partecipare alla manifestazione del 21 novembre.*






 




comunicato take back the night per brenda

Roma - 20 novembre 2009

Stanotte a Roma una delle transessuali legate al caso Marrazzo è stata trovata morta, il cadavere bruciato.
Brenda era una delle tante sex workers che giorno e notte lavorano nell'illegalità, sfruttate ed umiliate, da un sistema omofobo, transfobico e repressivo.
Ogni giorno donne, lesbiche, omosessuali, transessuali, migranti vivono un'esistenza di marginalità e precarietà, nelle strade invase da ronde e picchiatori, diventano visibili solo quando salgono alla ribalta dei fatti di cronaca nera, picchiate, violentate, uccise.
Oggi 20 novembre, nella giornata mondiale in ricordo delle vittime di transfobia, un'ennesimo nome va aggiunto a questa lista: chiediamo che sia fatta luce su questa morte legata a doppio filo alla politica del potere, dei favori, delle mazzette. Vogliamo giustizia per Brenda.
Domani saremo in piazza: donne, lesbiche, migranti, transessuali in un corteo notturno per le strade di Roma, per riprenderci la notte, per affermare l'autodeterminazione dei nostri corpi, le strade della nostra città.
Verità e Giustizia per Brenda.
Take Back The Night!

21 novembre, Piazza Vittorio ore 18.30





Dopo anni di politiche sempre  più restrittive per la libertà di tutti ma soprattutto di tutte, culminate  con l'approvazione dei vari pacchetti sicurezza, abbiamo pensato  di dover ribadire cosa vuol dire sicurezza per noi e l'abbiamo fatto  sabato 21 novembre con una manifestazione notturna di donne, lesbiche  e trans: take back the night! Riprendiamoci la notte! 

Siamo scese in piazza per ribaltare  l´immaginario comune, che vede la notte associata all'insicurezza,  alla violenza, alla paura , tanto che col tempo noi stesse abbiamo imparato  a introiettare l´idea del pericolo del mondo esterno.

Take back the night è un percorso  autorganizzato che ha deciso di non limitarsi alla costruzione di sabato  21, ma è andato avanti sostenendo il presidio di femministe e lesbiche  sotto al CIE di ponte Galeria. Crediamo infatti che sia inaccettabile  che lo stato italiano in nome di una presunta sicurezza delle donne  (italiane) rinchiuda i migranti in delle struttre in cui sono proprio  le donne (migranti)le prime a subire violenza. Le coraggiose che come  Joy ed Hellen denunciano i tentativi di stupro ad opera dei loro carcerieri,  subiscono poi ritorsioni e minacce.

 E anche oggi, 28 novembre,  in occasione della manifestazione nazionale contro la violenza sulle  donne, torniamo in piazza a ribadire che la nostra sicurezza non è  fatta di telecamere, polizia o caccia al migrante, ma che passa per  l'autodeterminazione e la libertà di scelta, dentro e fuori le mura  domestiche.

Crediamo  che l'unica risposta possibile agli attacchi che stiamo subendo sia  l'autorganizzazione delle donne, in percorsi che riportino al centro  i nostri bisogni, le nostre rivendicazioni, il nostro protagonismo.




giovedì 19 novembre 2009



*Pillola RU486*
_ Assemblea cittadina _
13 novembre 2009 ore 17
@ GRANDE COCOMERO @
via dei Sabelli 88/a
LIBERE DI SCEGLIERE!!

RU486

LA PILLOLA ABORTIVA RU486
 
     COSA NON è
La pillola abortiva RU486 NON è la pillola del giorno. La pillola del giorno dopo viene assunta entro 72 ore dal rapporto a rischio, agisce prima della fecondazione dell’ovulo ed è un anticoncezionale d’emergenza, quindi prima si assume, più fa effetto.

    COSA è LA RU486
È un farmaco che permette di abortire senza sottoporsi ad aborto chirurgico. Ha avuto il via libera dall’ Agenzia Italiana del Farmaco nel luglio 2009 per essere commercializzato in Italia, come già in altri paesi d’ Europa succede da circa 20 anni.

    COME AGISCE
Si assume sottoforma di pillola entro la settima settimana (49giorni) dall’inizio dell’ultima mestruazione. Impedisce lo sviluppo dell’embrione che viene espulso come avviene durante una mestruazione. Per favorire l’espulsione, si può somministrare anche un altro farmaco, che stimola le contrazioni dell’utero.

   QUALI VANTAGGI OFFRE
La donna è libera di scegliere un’altra via diversa dall’aborto chirurgico che è molto più invasivo e presenta maggiori rischi (tra cui la sterilità).
Permette l’interruzione volontaria di gravidanza (aborto) anche quando l’aborto chirurgico non può essere praticato.
È meno costoso e più accessibile a tutte le donne.
È efficace nel 95% dei casi.
 
LE MALEFICHE SI RIUNISCONO VENERDì 06/11 ALLE ORE 15 IN AULA STUDENT* NELLA FACOLTà DI GIURISPRUDENZA


mercoledì 7 ottobre 2009

INTERVENTO MALEFICHE ASSEMBLEA PUBBLICA di COSTRUZIONE DEL 10 OTTOBRE

Perchè aderire all'appello  del sui generis?

Perchè ancora oggi, nel 2009,  sono più che mai attuali una cultura e delle pratiche fasciste, razziste  e sessiste. Ci rammarichiamo nel vedere che sono proprio lo stato e  le istituzioni secolari del nostro Paese a perpetrare atti violenti  e liberticidi nei confronti di donne, migranti e soggetti LGBTIQ.
Sono esempi di fascismo la  legittimazione delle ronde, la manipolazione dei mass media e la repressione  delle lotte sociali.
Sono esempi di razzismo i CIE,  le politiche di respingimento alla frontiera ed il reato di clandestinità,  che rende i migranti soggetti invisibili e privi di ogni diritto.
Sono infine esempi di sessismo  le politiche securitarie che mirano a riportare le donne dentro le mura  domestiche e a rinchiudere i soggetti lgbtiq in ghetti abbelliti con  la facciata di locali alla moda e serate trendy, la discriminazione  nel mondo del lavoro (gay, lesbiche, bisex ed intersex costretti a nascondere  la propria identità, trans costretti/e a prostituirsi perchè non accettati  in nessun altro luogo di lavoro).

Perchè non ci sembrano adeguate  le risposte istituzionali date all'escalation di violenza omofoba e  sessista: pacchetto sicurezza e legge Concia.
Il problema della violenza  sulle donne non può infatti essere affrontato istituendo ronde, criminalizzando  i migranti e non tenendo conto del fatto che la prima causa di morte  per le donne è la violenza in famiglia.
Allo stesso modo non ci accontentiamo  di una legge che prevede un'aggravante per aggressioni compiute ai danni  della comunità lgbtiq, tutelata come una specie in via d'estinzione:  non c'è la volontà di evitare le aggressioni, ma solo il tentativo  di riduzione del danno.

Perchè il modello di famiglia  eterosessuale e patriarcale da una parte relega la donna al ruolo di  madre, moglie e custode del focolare, dall'altra impedisce il riconoscimento  di qualsiasi altra forma di amore e/o di progetto di vita per la comunità  lgbtiq. Il nostro stato laico che dovrebbe garantire libertà e pari  diritti a tutt* è invece asservito a vaticano e gerarchie ecclesiastiche  che attuano una continua ingerenza nella vita pubblica. Da ciò derivano  anche la mancanza di una reale educazione sessuale nelle scuole, la  condanna dell' aborto e dei metodi contraccettivi.

Per tutte queste ragioni, e  per molte altre crediamo che sia fondamentale costruire una cultura  “altra” che faccia dell'antifascismo, dell'antirazzismo e dell'antisessismo  i suoi capisaldi.

Rivendichiamo diritti civili  per tutti e tutte, libertà di scelta e autodeterminazione della propria  identità sessuale e di genere.
 Individuiamo dunque nei soggetti  lgbtiq i primi interlocutori con cui confrontarci per intraprendere  tale percorso.

venerdì 18 settembre 2009

Comunicato di solidarietà all'8 marzo occupata

ROMA CITTA' NERA
Roma sta diventando sempre più una città  NERA.
NERA nella dilagante cultura, fascista  razzista sessista e omofoba.
NERA per le aggressioni, che si susseguono  giorno dopo giorno su donne, lesbiche, gay, transessuali e migranti.
NERA per il clima di attacchi diretti ai  movimenti di lotta per l’abitare, voluti dal sindaco Alemanno e dalla giunta: a  partire dallo sgombero del Regina Elena, per arrivare a quello più recente - lo  scorso lunedì - dell’8 Marzo.
NERA negli articoli diffamanti che alcuni  giornali hanno pubblicato negl’ultimi giorni.
NERA nelle pratiche delle forze del  disordine, che irrompono a via dell’Impruneta alle 4e40 del mattino, e che si  permettono di divellere porte e devastare appartamenti ristrutturati con  sacrificio in due anni di occupazione. Case che ospitano bambini, donne,  precari, disoccupati e migranti che in tutto questo periodo hanno riqualificato  e liberato un edificio, abbandonato da vent’anni, restituendolo al quartiere  tutto.
NERA nelle ritorsioni che hanno portato  all’arresto di 5 compagn*.
NERA nel filo conduttore che lega tutti  questi eventi da una sempre più diffusa opera di repressione di tutte le lotte  sociali e dei movimenti che tentano di resistere e rispondere a questo clima di  intimidazione.

Esprimiamo piena solidarietà alla  compagna Francesca, ai compagni arrestati e all’8 Marzo che  resiste!

LA  LOTTA NON SI  ARRESTA!
LIBER* TUTT*!!!
Le Malefiche
Laboratorio di genere

sabato 20 giugno 2009

Il laboratorio di genere delle studentesse della sapienza è nato dopo l'esperienza dell'assemblea delle studentesse del movimento di quest'autunno: nel clima di mobilitazione, le donne, protagoniste del movimento, hanno sentito l'esigenza di un luogo all'interno del quale discutere della crisi facendone un'analisi di genere.
Dall'analisi emersa in questo luogo abbiamo deciso di portare avanti un percorso di genere più ampio, rendendoci conto che la crisi rende ancor più esplicita una disuguaglianza (quella tra uomini e donne) che è già presente nella società: l'oppressione di genere è una condizione trasversale che tutte le donne vivono, ma che, pensiamo, vada affrontata autorganizzandosi nel contesto sociale che ogni donna vive.

La mancanza di discussione sulle tematiche di genere nell'università, la scarsissima presenza di donne nei gradi più alti della formazione, l'assenza di servizi per le donne, docenti, precarie, studentesse e mamme, all'interno del nostro ateneo, ci hanno spinto ad allargare il campo della nostra analisi e delle nostre rivendicazioni, che portiamo avanti come studentesse nel nostro luogo sociale: l'università stessa. 

Le studentesse raggiungono infatti livelli sempre più alti di istruzione, ma andando avanti nei gradi della formazione la presenza femminile è sempre minore: nonostante le laureate siano il 55% del totale, solo il 31% dei ricercatori italiani è donna e la percentuale scende ulteriormente andando avanti nella carriera accademica (solo il 12% dei docenti ordinari è donna). La causa della difficoltà nell'intraprendere questo tipo di carriera per le donne è dovuta, tra le altre cause, anche alla totale assenza nel mondo universitario italiano di servizi e leggi sulla maternità – sia per i lavori a tempo indeterminato che per le lavoratrici a tempo o precarie – in questo modo il genere stesso diventa la discriminante per l'accesso al lavoro. 

Riteniamo inoltre che, dentro l’università, esista una completa assenza di dibattito e di studi che affrontino le tematiche di genere, proprio per questo pensiamo che la didattica ufficiale debba affrontare tali questioni, attraverso la partecipazione diretta delle studentesse e delle ricercatrici.

Le rivendicazioni del laboratorio di genere, quindi, riguardano sia la didattica e la formazione che vertenze sociali più specifiche: una delle nostre prime riflessioni ha riguardato l'assenza di servizi per le studentesse all'interno dell'università, come la mancanza di consultori, asili nido, centri antiviolenza o sportelli diretti alle studentesse che hanno subito violenze fisiche o psicologiche.

Per questo motivo all'inizio di quest'anno abbiamo avviato la campagna pillolissima2009 insieme alle studentesse di alcuni licei romani e di altri collettivi universitari e femministi. La campagna è partita come un'azione di denuncia sull'obiezione di coscienza sulla prescrizione della pillola del giorno dopo, obiezione che nonostante sia illegale è molto diffusa. A seguito dell'inchiesta effettuata in tutti i pronto soccorso di Roma, la campagna sta continuando con un monitoraggio dei servizi offerti dai consultori sul territorio.

L'obiezione di coscienza è solo una delle espressioni dell'oppressione di genere, così come lo sono ad esempio tutte le politiche securitarie e autoritarie che, con una sfacciata strumentalizzazione del corpo delle donne, hanno permesso ultimamente la stesura di leggi razziali e xenofobe come il pacchetto sicurezza.

La lotta al sessismo si inserisce in un percorso di lotta molto più ampio. Per questo il laboratorio di genere della sapienza ha individuato come data fondamentale quella del 25 aprile, portando avanti un'analisi che si basasse sull'antisessismo tanto quanto sull'antifascismo e sull'antirazzismo: pensiamo che non ci possa essere una lotta al sessismo che prescinda dall'antifascismo e che, contemporaneamente, essa sia condizione necessaria all'antifascismo stesso.

Alla luce delle analisi elaborate nel nostro percorso, crediamo che l'autorganizzazione delle studentesse all'interno dell'università, come delle donne nella società, debba vivere nella maniera più partecipata possibile, in modo che la consapevolezza cresca per cambiare lo stato delle cose: per questo continuiamo a portare avanti le nostre campagne e rilanciamo il nostro percorso anche per l'anno prossimo.

L’autorganizzazione delle donne

confronto, presa di coscienza: ‘genere’??
L’iniziativa di oggi nasce dalla necessità che abbiamo sentito di rispondere ad una domanda, La domanda: perché e in che modo le donne si riuniscono per discutere problematiche di genere?
A partire da un’esigenza immediata, confrontandoci riguardo alle dinamiche che viviamo tutti i giorni all’università, nel mondo del lavoro, nella politica, nel contesto sociale in generale, abbiamo iniziato un’analisi di genere. I problemi che io vivo quotidianamente e che ho in comune con altre “persone”, guarda un po’ J , tutte donne, forse nascono dal fatto che viviamo una condizione specifica proprio in quanto donne. E questo è stato l’inizio: come studentesse, a partire dal nostro sentire comune e nel luogo che viviamo quotidianamente, ci autoorganizziamo.

percezione, discussione
Il nostro Laboratorio è nato dall’Assemblea Donne del movimento studentesco dell'Onda. La nostra riflessione ha avuto origine quindi in un contesto politico misto, in cui tutte abbiamo percepito che “qualcosa non andava”. Qualcosa non andava perché qualcuna di noi aveva difficoltà ad intervenire nelle assemblee e la necessità di ‘abbassare i toni’ non era condivisa da tutti, perché la divisione dei compiti era spesso prevedibile (agli uomini la discussione politica e alle donne l'organizzazione pratica, per schematizzare...), perché alcune tematiche che sentivamo più urgenti in quanto donne non trovavano spazio sufficiente in un luogo di discussione misto.
Per questo, come laboratorio, abbiamo scelto di elaborare un percorso non misto, per discutere le problematiche di genere e nel quale autorganizzarci come donne.

Autorganizzazione: perché uno spazio non misto
L’autorganizzazione, per quella che è stata la nostra esperienza, è proprio questo: è cercare una risposta a problematiche e a condizioni materiali che vivono e hanno, in comune, determinati soggetti. Da questa pratica viene la necessità di una separazione dal contesto più ampio vissuto quotidianamente, la necessità di un momento di analisi proprio dei soggetti in questione e vissuto solo da essi, che si declina nel nostro caso in un'assemblea di sole donne. La separazione non è vissuta però come una scelta definitiva, almeno nel nostro caso: è il punto di partenza per elaborare una riflessione e una rilettura, di genere, da riportare successivamente nel contesto più ampio.

luogo non misto come rafforzamento. (Vogliamo anche le lotte! :P)
Lo spazio non misto è anche un luogo in cui rafforzare la propria posizione per non subire dinamiche imposte da altri. E’ un metodo per evitare di interiorizzare una condizione subalterna e imputare le difficoltà che si riscontrano solo a questioni personali e caratteriali. Lo spazio non misto è, per noi, il punto di partenza per far vivere pratiche diverse anche nei luoghi misti. Nel laboratorio, quindi, nascono com’è naturale, anche delle rivendicazioni e delle lotte che andranno portate al di fuori di esso.

Confrontandoci..
Fuori dall'università esistono realtà di donne autorganizzate che, lavorando in diversi contesti sociali, costruiscono percorsi di analisi di genere scegliendo spazi, pratiche e modi diversi di agire. Consapevoli del fatto che le esperienze e le analisi che usciranno dal confronto di oggi possano arricchire la nostra DI analisi, abbiamo scelto di invitare ad intervenire queste realtà.


C’era una volta una donna. 
C’erano una volta due tre quattro cinque donne.
C’era una volta un gruppo  di donne.
Le donne cominciarono a parlarsi. 
Le donne cominciarono a discutere. 
Le donne cominciarono a riflettere sul fatto che erano donne.
Sul fatto che tutte loro erano donne. 
Che forse anche le altre donne erano donne. 
Che forse certi problemi che vivevano tutti i giorni, certe discriminazioni, certe difficoltà
Potevano dipendere dal loro essere donne.
Che dipendevano in effetti dal loro essere donne.
E da qui cominciava
L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE.     




martedì 28 aprile 2009

Questo piccolo grande errore

Con Pillolissima  2009 libertà e autodeterminazione!

Il 14 febbraio  è il giorno degli innamorati: per questo ci siamo chieste  se  i rapporti amorosi tra giovani e meno giovani siano tutelati effettivamente con  l'accesso a misure  preventive e anticoncezionali.

Questa notte i più grandi ospedali di Roma sono stati oggetto di un blitz-inchiesta da parte di studentesse (di alcune scuole di Roma  e delle due università La Sapienza e  Roma 3) e precarie.  L'obiettivo è quello di tracciare una mappa di quegli ospedali in cui illegalmente si esercita l'obiezione di coscienza  sulla contraccezione di emergenza. Verso le 22.00 piccoli gruppi di donne sono entrati contemporaneamente nelle sale dei pronto soccorso richiedendo la cosidetta  "pillola del giorno dopo", che deve essere assunta entro le 72 ore dal rapporto sessuale ma la cui efficacia diminuisce col passare delle ore.

I dati raccolti  la scorsa notte sono i seguenti.

Il policlinico Gemelli e l'ospedale S.Pietro Fate Bene Fratelli non prescrivono la pillola. Difronte alle insistenze delle studentesse, il personale risponde  che questi sono ospedali cattolici(come se si fossero dimenticati di essere convenzionati con lo stato italiano), giustificando, in questo modo, l'omissione di soccorso.

L'ospedale CTO rifiuta la prescrizione della pillola e al momento di rilasciare la dichiarazione del rifiuto, la dottoressa chiede di pagare il ticket di 25 euro, indirizzando poi la richiedente ad un altro ospedale per avere la prescrizione della pillola, dopo aver pagato un altro ticket.

I pronto soccorsi degli ospedali Policlinico Umberto I, San Filippo Neri, San Camillo Forlanini, S.Eugenio, Pertini e S.Giovanni prescrivono la pillola solo dietro pagamento del ticket di 25 euro. In particolare l'ospedale S.Eugenio viene indicato da più ospedali come il luogo in cui viene prescritta la pillola "senza problemi". Nel pronto soccorso del S.Giovanni viene negata in un primo momento, a seguito di insistenze da parte delle studentesse, viene prescritta.

Negli ospedali S.Andrea, Policlinico Casilino , Policlinico Tor Vergata si segnala la presenza di obiettori ma, allo stesso tempo, la possibilità di ottenere la prescrizione della pillola, anche se con tempi di attesa non prevedibili e sempre dietro il pagamento del ticket.

Denunciamo l'omissione di soccorso e l'interruzione di un pubblico servizio degli ospedali, laddove è illegale che i medici ricorrano all'obiezione di coscienza. La contraccezione di emergenza infatti ha un effetto prefertilizzante e non abortivo,  non prevede restrizioni d'uso (è un farmaco che rientra nella "classe 1" dell' OMS) e deve essere prescritta senza diagnosi.

Ribadiamo inoltre che la salute deve essere un sevizio pubblico e gratuito per tutti e tutte, migranti  e cittadini/e italiani/e: per questo riteniamo inaccettabile il costo del ticket (solo per farsi prescrivere una pillola) pari a 25 euro che devono essere sommate al costo del farmaco(circa 13 euro). La nostra azione è volta a rimettere al centro del dibattito pubblico la libertà delle donne nella gestione del proprio corpo, troppo spesso utilizzato strumentalmente per dare avvio a provvedimenti dettati dalla morale cattolica e che limitano la possibilità di scegliere una sessualità e una maternità consapevole.

Per questo noi  obiettiamo gli obiettori.

Tutte le donne devono avere accesso ad un'informazione laica e libera su sessualità e prevenzione, che agendo prima dell'emergenza educhi a una sessualità consapevole; a un sistema di welfare universale che consenta prestazioni sanitarie gratuite e servizi che ne sostengano l'autodeterminazione, a partire da consultori, asili pubblici e centri antiviolenza.

La libertà  e i diritti delle donne non saranno il prezzo da pagare in questa crisi.  Né ora né mai.



Studentesse e precarie

pillolissima2009@gmail.com